domenica 17 luglio 2011

Libri che segnano - Vita e destino

Ho appena terminato di leggere alcuni post di un bel blog che frequento (semprenpo'adisagio), scritto a due mani da un libraio e da un prof di italiano come me.
Bellissima coppia: riassumono le mie due passioni più grandi.

Mi sto apprestando a leggere ora Vita e destino, di V. Grossman (Adelphi, 827 pagine - scritte piccole!). Per quest'estate ne ho in cantiere anche altri (tanti). Non per dovere, non per mestiere.
E scorrendo quel blog mi è tornata in mente con prepotenza come è nata la mia passione per i libri, come ho scelto il liceo e l'Università, il mestiere che faccio e le amicizie a cui tengo di più.

A 7-8 anni, nella via dove abitavo (in centro a Milano, ma non grande; e abbastanza al riparo dal traffico) c'erano anche la sartoria di mio papà, un'edicola, una libreria. E  naturalmente anche un bar...
Io passavo la maggior parte dei miei pomeriggi da papà: lo guardavo lavorare, e qualche volta armeggiavo anche io con ago e filo.
Spesso facevo merenda con la figlia del barista e della proprietaria della libreria. O giocavo con la figlia dell'edicolante. Così ho cominciato a comprare fumetti, poi libri.

Ma non facevo in tempo ad aspettare i libri e i fumetti prenotati dopo i primi: leggevo tutto troppo in fretta. E nell'attesa, per l'intuizione e il buon cuore della libraia, ho cominciato a leggere quelli  che riuscivo direttamente lì, in libreria (c'era un panchettino che aspettava solo me); oppure in sartoria dal mio papà, o a casa mia (tutto era nel giro di 20 metri). Dovevo solo promettere di non sciupare quello che mi prestavano, girando le pagine piano, piano. Bello pensare che questo mi ha aiutato anche ad amare e a rispettare proprio i libri, come oggetti cari.

Alle medie è stata la mia prof di Italiano a convincermi per rischiare su un liceo (non sapevo se avrei avuto la possibilità di andare poi all'Università, perché nessuno in famiglia c'era stato, prima di me). E invece poi ho scelto proprio Lettere, che adesso è anche il mio mestiere.

Potessi ricordarmi tutti i libri letti, chissà quanto scoprirei di quel che sono ora. Mi ha impressionato quest'anno, rileggendo Cresce un albero a Brooklin: come certe immagini di quel libro si erano depositate nella mia coscienza, inconsapevolmente! (giudizi di gusto, mosse, pensieri...). 
Ma i libri, appunto, hanno segnato me come destino. Non avessi avuto quella libreria sotto casa, o la proprietaria non me li avesse prestati con tanta facilità; non ci fosse stato spazio per quel panchettino...

Quei libri mi hanno aperto mondi che non si sono più chiusi, e mi hanno regalato anche tanto di quella vita di cui adesso sono così grata. 

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