Dante mi sorprende sempre. Ho cominciato a insegnare con questo pensiero: facendo "giocare" in classe quel che mi piaceva, ci avrei sempre guadagnato qualcosa. E infatti Dante mi piace proprio per questo: ciò che scopro insegnandolo non mi capita con nessun altro.
Prima di Natale (lo so, è un po' che manco...) eravamo in classe davvero in pochi - ragioni varie. Riprendo il canto III dell'Inferno, e mi soffermo sul contrappasso degli ignavi.
Visto che non è la prima volta che lo spiego, so che devo aspettare sempre qualche frazione di secondo dopo aver spiegato la pena di queste anime. Gli ignavi sono coloro che nella vita si sono sempre rifiutati di scegliere il bene, e per questo ora sono costretti, nudi, a correre dietro un'insegna, punti da mosconi e vespe, e il sangue che cola viene raccolto da... (be', il testo parla da sé). Dicevo: aspetto sempre qualche secondo perché - giustamente - qualche anima femminile esprima il proprio raccapriccio. Questa volta, però, non solo quello. Martina (la chiameremo così), la più mite e timida e schiva della classe, sbotta: "Non è giusto!".
"Perché, Martina?". "Perché nella vita si può non scegliere per tanti motivi". "Lo so; ma non scegliere il bene è un male, di suo". "Magari uno ha paura di scegliere. Ha paura delle conseguenze che può avere la sua scelta". "Questo lo capisco, Martina; ma il bene, almeno, bisogna sceglierlo dentro di sé. Ché non è così astratto: se si sceglie un bene, è impossibile che prima o poi questo non cerchi anche la strada per esprimersi..."
Ma si vede dalla faccia che Martina non è convinta, e lo ripete: "Dante è cattivo". Io taccio, e proseguo. Poi ci ripenso (e infatti, ne scrivo dopo più di un mese). Martina sente l'accusa degli ignavi come un'accusa a sé: alla sua timidezza, al suo non esporsi. E Dante non fa sconti: il bene è bene, non fare il bene è male. Solo che, davanti a tanti miei alunni, mi chiedo davvero che margini abbia questo bene per esprimersi. E se qualcuno glielo abbia mai fatto vedere con chiarezza. Martina, insomma, credo sia più scusabile degli uomini del tempo di Dante (era quello che avevo già provato ad accennare qui). Ma insomma, Dante è Dante, e a me piace proprio perché, le idee che ha, le esprime chiare e forti.
Come diceva il mio prof d'Università, ritrovato in quest'articolo:
Sul piano dei valori dei messaggi trasmessi da Dante, non si può non restare impressionati dalla sua volontà di giudizio sul bene e sul male. Certamente Dante può interpretare un po' faziosamente cosa sia il bene e il male (secondo gli umori e lo spirito suo); ma resta il fatto che, su alcuni punti essenziali, è difficile non trovare accordo. ... Credo che pochi poeti abbiano sottolineato con una forza pari a quella usata da Dante il problema della libertà dell'uomo. L'uomo ha la possibilità di scegliere, ma la sua scelta non è fondata su un indistinto, è una scelta fondata su una proposta, che l'uomo può accettare e rifiutare. E' una proposta, non è detto che debba essere necessariamente accettata da chi legge la Divina Commedia, ma il fatto stesso che un poeta abbia il coraggio di presentarla con questa determinazione e con questa forza rende, di per sé, l'opera sua un testo sul quale non si può non pensare e non riflettere (G. Frasso, Perché Leggere Dante oggi?, Lineatempo, aprile 2004)
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