giovedì 1 novembre 2012

Nani (sulle spalle di giganti...)

Qualche giorno fa, su Youtube, ho ascoltato l'ultima intervista di Pasolini: davvero un altro mondo, il suo, con parole e riferimenti così lontani dal nostro tempo... 
Eppure mi spiace che non si parli più di lui: nessuno ha più saputo percorrere la sua intuizione sull'omologazione di oggi, così scomoda e così vera.

Ieri, per esempio, mi si è stretto il cuore in classe. Prima di introdurre il nuovo argomento di letteratura, dico agli studenti: "Abbiamo cominciato a studiare letteratura: tenete presente che, quando lavoreremo su un certo argomento, mi interessa che voi abbiate bene in mente quel che dico io, quel che dice il libro di testo, e quello che penserete voi". Il concetto mi sembrava semplice e condivisibile. Ma (giustamente) subito si alza una mano: "Prof è impossibile che noi possiamo esprimere un nostro parere:
non abbiamo le conoscenze che ha lei, o quelle di chi ha scritto i nostri libri". La maggior parte della classe condivide (solo per non doversi sforzare nell'esprimere i propri pensieri...?). Io rimango un po' sconcertata e insisto: "Allora, tanto varrebbe non chiamare la letteratura una 'materia umanistica': se la vostra umanità non entra in gioco...".  Però l'osservazione non è priva di motivi: allora proviamo a riflettere su quel che significa paragonarsi con una tradizione, o sull'essere influenzati dai propri professori, dai propri libri di testo, dal contesto in cui si vive... 

Un ragazza rincara la dose: "Tanto, non sapremo mai cosa volessero veramente esprimere Guinizzelli, Cecco Angiolieri, Cavalcanti...". Poi, l'osservazione che più mi ha lasciato a bocca aperta: "Tanto, a chi può interessare quel che penso io su un certo argomento? Rimarrà chiuso in quest'aula, nessuno ne scriverà mai...". E allora a cosa può servire studiare, o chiedere loro di paragonarsi a quel che leggono, o mettersi in gioco? L'idea che non si possa costruire niente di nuovo, o lasciare nel mondo la propria impronta, mi è insopportabile: non gli è mai venuto in mente che chi scrive libri è stato un ragazzo come loro, ed ha costruito poco a poco quel che poi ha messo nero su bianco? (fra l'altro, la letteratura adottata dalla mia classe è una delle peggiori che io abbia mai visto sul mercato!). E' urgente che capiscano almeno qualcos'altro: per esempio che c'è differenza tra ideologia e pensiero critico...
Così, finalmente, uno spiraglio di luce: "Prof, ma allora è fondamentale la libertà!". Sì: perché se prevale la pigrizia, la verità personale che uno intuisce non emergerà più; e neanche se si è troppo permalosi o superbi per paragonarsi al lavoro degli altri... (il lavoro - arduo - mi sembra solo adesso che possa cominciare davvero). 
          

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