venerdì 18 marzo 2011

Misteriosa Antigone

In queste ultime settimane sto rileggendo in classe le tre versioni di Antigone di Sofocle, Anouilh, Brecht. Partiti in ordine cronologico, l'Antigone di Sofocle ha subito conquistato; poi la lettura di Anouilh - prevedibilmente! - ha surclassato velocemente il favore accordato a Sofocle. Anche io, qualche anno fa, ne ero d'altra parte rimasta molto colpita; capisco il punto di vista dei miei studenti, anche se ora non baratterei mai i due autori!

Ho proposto la lettura di Antigone per la lotta forte che si instaura tra le esigenze del potere e la legge "non scritta" del cuore (il diritto di Antigone di onorare la morte del fratello Polinice). Poi, come insegna Calvino, si scopre che un grande classico non finisce mai di entrare in dialogo con noi e con i problemi del nostro tempo ("Molte meraviglie vi sono al mondo, nessuna meraviglia è pari all'uomo"... "Un uomo, anche se è saggio, non deve vergognarsi di essere duttile, per imparare sempre di di più"...).

A un certo punto però abbiamo riletto una pagina che non ricordavo;
parla Antigone, subito prima della condanna definitiva: "Se si fosse trattato dei miei figli, se avessi visto il corpo del marito imputridire nella morte, non avrei affrontato questa lotta, sfidando la città... Perché se muore un marito posso averne un altro, e se perdo un figlio posso averne altri. Ma poiché mio padre e mia madre sono nell'Ade, non potrò più avere un altro fratello...". Mano alzata: "Prof, ci son rimasta male! Perché Antigone dice così dei suoi figli?". Ed anche io in effetti non mi aspettavo di trovare considerazioni di questo tipo. La mia alunna è ferita in quanto "figlia", io penso anche ai "mariti". Vero è che la letteratura greca, accanto ad un'Antigone, ci fa conoscere mogli devote e tenere come Andromaca o Penelope... Ma in questo caso? Rifletto insieme a loro sulla "gerarchia" che a volte si instaura tra famiglia d'origine/famiglia nuova; di come si sentano più sicuri i rapporti con i propri genitori che non con il marito/la moglie. Ma il problema, qui, non è solo tra "familiari acquisiti" e parenti di sangue (i figli, allora, dove posizionarli?). 
Come se il problema di Antigone fosse solo quello di non avere più altri fratelli in quanto fratelli (e non di onorare il fratello Polinice perché è Polinice, e basta).

Penso allora a come sono privilegiata ad appartenere ad una cultura come quella in cui sono cresciuta io (pur con tutte le sue contraddizioni, fatiche ed incoerenze): per cui mi è stato insegnato che ogni persona è unica e irripetibile, e che il Mistero dell'aldilà è qualcosa che dobbiamo rispettare di fronte a chiunque, e non solo per il rapporto privilegiato che abbiamo vissuto con lui...
Forse in Sofocle c'è anche altro, che al momento però non so vedere. Nel frattempo, sono grata della storia intercorsa fra me e Antigone; con tutta l'ammirazione che nutro per lei e il suo eroismo.

3 commenti:

  1. Sempre sognata una donna come Antigone. Poi ho scoperto che c'è un po' di Antigone in tutte le donne che ho conosciuto.

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  2. Perché tutte le donne lottano per un ideale, o perché sono attaccate alla famiglia d'origine...? La questione nella pagina di Antigone che ho citato forse è marginale... Però ci ritorno sempre su.
    Comunque il tuo commento lo leggo nella prima ipotesi: è proprio per questo che preferisco l'Antigone di Sofocle... (E naturalmente, lo leggo anche come un complimento a tutte le donne che hai conosciuto!).

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  3. (lo leggi bene, il mio commento)

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