Qualche giorno fa ho scoperto una poesia di Mario Luzi. E' molto lunga, così ne riporto solo alcuni stralci:
...
se ne va
il giorno umano
e non umano,
le sfugge dall'incavo
dei suoi piccoli monti,
si eclissa tra le pieghe dei suoi aridi dossi,
se ne va il giorno
e l’uomo
e la vita ch’è in loro,
se ne va
avendo e non avendo
saputo qual è stata la sua parte...
ma è stata - lei lo sa - E’ stata
e questo la fa piangere
talora di grazia e di letizia.
(M. Luzi, "Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini")
Ieri sera mi sono addormentata con amarezza, per una questione personale. E, come spesso, l'ultimo pensiero della giornata è stato: "E domani come entrerò in classe?".
Qualsiasi insegnante sa che la sua professione è particolare perché non si tratta solo del latino, delle guerre puniche, dei verbi predicativi, ...
Insegnare è essere con tutto se stessi davanti a studenti che chiedono innanzitutto "perché" val la pena studiare quel che fanno. E questo si legge sul volto prima ancora che dirlo a parole.
Ma lasciarsi andare allo scetticismo non paga: non appaga né me né loro. Ogni giorno lasciato allo scetticismo è un giorno perso per tutti.
Invece, ripartire aspettandosi dalla giornata che qualcosa faccia rialzare la testa, conviene sempre. Conviene anche perché non è vero che le giornate, appunto, portino ricorrentemente amarezze: conviene perché succede proprio che portino una novità. Il filo è intermittente; si spezza e bisogna riprenderlo in mano: "Se ne va il giorno / e l'uomo / e la vita ch'è in loro. / Se ne va / avendo e non avendo saputo / qual è stata la sua parte. Ma è stata - lei lo sa....".
Io penso che si bari se si dice che questo senso non c'è. C'è e non c'é insieme: ma allora non è vero che non c'è. Anche se ogni volta, ogni amarezza, sembra riallontanare i capi...
Ma il senso che non c'è (o che non vedo) non annulla il senso che ho visto. Stanno stretti l'uno all'altro. E io penso che anche questo i miei alunni leggano sulle facce di chi li interpella: se un adulto riscommette, oppure no.
Speriamo che tu abbia ragione...
RispondiEliminaCioè, Luzi ed io...?
RispondiEliminaQuel che so è che quando mi lascio andare alla tristezza, la giornata nera diventa sempre più nera (anzi, incolore).
Era quello che avevo provato a scrivere anche sul tuo blog, parlando di Pier delle Vigne: la tentazione davanti all'abisso c'è sempre, e c'è un momento in cui bisogna decidere. Ma mi sembra che questo sia quel che fai anche tu, quando dici che davanti a certi momenti "no", aspetti... Anche aspettare è un credito fatto ad altro che non alla propria tristezza, non trovi?
Aspetto, perché so che è l'unico modo che ho per "riscommettere". Aspettare un po' per provare a ripartire.
RispondiEliminaSpesso però anche gli amici fanno ripartire. Non sempre (e non tutti), ma a me capita anche così. Cioè: capisco che posso dire di qualcuno "Mi è proprio amico" se mi fa ripartire. Non trovi anche tu?
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