Ho avuto la fortuna, in questi giorni di maggio, di fare una vera e propria esperienza di teatro.
[Eh sì che a un certo punto mi sono anche detta: ma val la pena, proprio in questo mese, quando io e i miei studenti siamo così strapponati da verifiche, interrogazioni...? Beh, proprio sì: è valsa la pena!]
Insegnando letteratura, ho sempre pensato che il teatro potesse dare un'esperienza a tutto tondo del leggere: quali sfumature possono essere colte dall'interpretazione di un testo... e altre cose così.
Questo, prima di incontrare la mamma di una mia studentessa, che ha proposto (per una classe che non era però quella di sua figlia) di affiancarmi nel lavoro sull'Antigone (vedi i miei post del 18 e 28 marzo).
Ed ecco che - bellissimo! mondi si sono aperti.
Prima di tutto, chi mi ha proposto questo lavoro mi ha dimostrato una conoscenza del teatro antico (e della classicità in genere) davvero grande; e proprio per questo c'è stato modo di mettere a tema brevemente anche la traduzione scelta da me per quest'opera.
Ma soprattutto è stato eccezionale vedere cosa il teatro è capace di costruire fra i miei studenti (soprattutto, fra le mie studentesse!): insegnare il senso di sè in relazione agli altri, senza far venire meno né la propria personalità, né la realtà dell'altro; come affrontare gli sbagli (e come sfruttare quel che a noi sembrerebbe sbaglio, mentre è un gesto che invece ci svela nuove possibilità dell'esistenza). E poi, sul palco, come sentire tutta la responsabilità dei propri gesti, quelli compiuti e quelli omessi... Perché, sul palco, tutto è da scegliere, deve essere scelto veramente; e anche quello che non si sceglie, bisogna seguirlo (come nella vita vera!)
Paradossalmente, vedere la mia classe sotto le luci della ribalta (catapultata improvvisamente in una situazione diversissima da quella in cui mi era più abituale vederla) non ha reso finto tutto, ma mi ha fatto sentire ancora di più il peso e la bellezza che hanno i gesti e le parole nella vita quotidiana.
Insomma, mi ha fatto entrare ancora di più nella concretezza (e nell'avventura) che può essere la vita.
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