giovedì 17 maggio 2012

Fisioterapia


Colloqui coi genitori: tanti, vari. Problemi di frequenza, di apprendimento, di cattive compagnie. 
O magari anche solo problemi di ridimensionamento, di ricontestualizzazione. 
E' che alla fatica di preparare e correggere le ultime verifiche, senza perdere tempo (e senza ingenerare ansie), l'ansia arriva magari proprio ripensando se si è detto bene quel che si doveva dire a genitori e studenti: tutto, per tempo, coi dovuti modi. Con decisione ma anche discrezione.

Mi è tornato in mente questo brano di uno dei libri che amo di più: Nati due volte di Pontiggia. Sulla possibilità sbalordente  che un messaggio non arrivi perché non lo vogliamo; magari perché confondiamo contenuti e modi (quei modi a cui pur tengo così tanto...)
   
«Qui bisogna cominciare subito!»

Sgrano gli occhi: «Che cosa?»

«La fisioterapia! Molte ore al giorno! E voi dovete collaborare a tempo pieno!»

Si è rivolta a Franca, che tradisce un panico silenzioso.

«Non bisogna perdere tempo!» aggiunge. «Già se ne è perso troppo!»



Le chiedo concitato: «Che pericoli corre?»

«Tanti!» mi risponde. «Non posso prevederli tuttti. Dipende dalla evoluzione dei suoi sintomi.»
«Per esempio?»

«L’andatura!» mi dice. «Potrebbe avere una andatura irregolare.»

«Come?»

«Così» mi risponde.
Si alza sul tappeto e accenna, come una ballerina grassa, i piedi nudi, a camminare barcollante [...]
«Ma nessuno vi ha informato?» chiede lei.

«Qualcuno in clinica» rispondo. «All’inizio. Poi no.»

«Incredibile!» esclama, voltando il viso, come se fosse stata colpita da uno schiaffo.

Io guardo Franca, ma per il momento taccio.



Mentre scendiamo le scale analizziamo, in un elenco accanito e accurato, i difetti della fisiatra. 
È un bilancio insieme sconfortante e rassicurante. 
«Quando ti ha detto di ritelefonarle?» le chiedo.
«Fra quindici giorni.»

«E tu lo farai?»
«No» mi fissa con una sicurezza che è sicura della mia. 
«È troppo catastrofica. Nessuno ci ha parlato in questi termini, non possiamo fidarci». ... Aggiungo: «Non ha molta esperienza. È solo all’inizio della professione.»
«Infatti.»



Quando vedo Paolo camminare, barcollando, davanti a me, rivedo lei che barcollava sul tappeto, nella stanza grigia, al tramonto, proiettando un’ ombra dilatata sulla parete. 
Penso che è stata l’unica a darci del futuro l’immagine più vicina alla realtà. 
E forse per questo l’abbiamo rifiutata.

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