Da qualche giorno sono sbarcata in Giappone (qui vive mio fratello, a Tokio per un master di due anni).
Uno dei primi posti dove si passa quasi per forza venendo qui è Shinjuku (il quartiere, tanto per intenderci, qui a fianco: grattacieli, neon, e poi gente e gente e gente molto di corsa... la larghezza delle striscie pedonali non li raccoglie mai tutti!).
La prima volta mi son sentita davvero spersa. Non per le scritte indecifrabili (o forse sì, anche per quello); ma per il senso di piccolezza che assale chi si trova lì senza lo stesso scopo di chi corre (come loro). Come se non correre, o non acquistare in quei negozi, o non essere un manager come loro, volesse dire non essere niente.
Poi sono stata a casa di mio fratello; è uno studente ed ha un piccolo (ma dignitoso) appartamento in affitto.
Però mi ha detto che tutti a Tokio vivono in case non più grandi della sua. Che in parecchie famiglie (lui ne conosce alcune, qui) si fa fatica a stare, a parlarsi. La condizione lavorativa delle donne è assolutamente impari a quella degli uomini (basta guardarsi attorno in metropolitana, nelle ore di punta, e calcolare le proporzioni). Diversi padri di famiglia, ma anche tanti giovani, prima di rientrare a casa si stordiscono nei "pachinko": come dei casinò in piccolo, con miliardi di slot machine e musica altissima. I locali dei bar sono spesso banconi con sgabelli, non tavoli dove pranzare coi colleghi. Allora mi sono chiesta dove vivono davvero questi giapponesi; come fanno a vivere così. Che forse non è troppo distante da quello che rischia di avvenire anche qui in Italia, a Milano per esempio. Ma poi ripenso ai nostri bar e ristoranti, agli aperitivi, agli amici. L'abnormità di quel che vedo qui mi sembra che mi obblighi a chiedermi per cosa valga la pena vivere, in Italia, come in qualsiasi angolo del mondo. Cosa vorrei per me e per mio fratello, e per questi giapponesi che corrono e poi si addormentano di default in ogni angolo della metropolitana.
E io lo so che sono almeno 100 volte fortunata a non essere nata a Shinjuku. Ma non riesco a non chiedermi dove vivano veramente i giapponesi...
La tua riflessione mi lascia un senso di tristezza soprattutto per la prospettiva che intravedi anche nelle nostre città... ma il Giappone è solo questo? Spero che anche loro abbiano dei momenti di ritrovo, dei buoni libri da leggere, degli amici con cui condividere la vita...
RispondiEliminaPenso che li abbiano di sicuro. Certamente tre giorni di impressioni sono troppo pochi. Però l'impatto è proprio così.
RispondiEliminaOggi comunque ho avuto quadri più belli di questa città: ho visto il panorama da 53 piani d'altezza; passeggiato nei giardini della residenza imperiale e del viale alberato coi ciliegi in fiore in centro alla città; e poi ho conosciuto i compagni di corso di mio fratello.
Capisco la tristezza che posso aver trasmesso; è che a me stessa è venuto male pensare che la vita possa essere (o essere vista) solo come una corsa perenne, stordendosi in metropolitana, sul lavoro, nei pachinko.
Anche io penso come te che sia importante, di una persona, sapere con chi condividono la vita (prima ancora del dove stare). Però sono anche molto meno espansivi di noi - occorre più tempo per conoscerli. E qualcuno che legge in metropolitana (oltre al 98% che gioca al telefonino o dorme...) l'ho intravisto...
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