martedì 6 marzo 2012

A cosa serve il latino (problema vs esercizio, 1-0)

Se la vita non fosse problema, non avrebbe senso. E viceversa: credo che nella vita ci siano problemi proprio perché noi la percepiamo con una direzione, un senso.

Anche questa settimana perciò vorrei rispondere all'invito di Palmy: la seconda grande competenza che si può educare a scuola è quella di risolvere problemi (affine, del resto, al saper porre domande; affrontare la vita come problema vuol dire in fondo chiedersi: "Come quello che mi sembra incomprensibile, o di ostacolo, può essere un bene per me?").

Su questo avevo provato a dir qualcosa anche in fondo a un mio post di qualche tempo fa.

Ora, due ulteriori spunti didattici:

- uno degli interventi più efficaci degli ultimi "Colloqui Fiorentini" è stato quello del prof. G.Maddalena, che ha impostato la sua lezione su Foscolo come un giallo: perché un autore di successo come lui, a un certo punto, smise di scrivere? Cosa lo ostacolò? (nonostante il contenuto impegnativo, questo taglio ha reso il suo intervento uno dei più stimati da tutti i ragazzi lì presenti...)

- ho riscoperto un gran bell'articolo sul problem solving: paradossalmente, più ancora che i tanti - ripetitivi - esercizi di algebra; più scientifico e stimolante e creativo, a scuola, sarebbe proprio... tradurre latino!
Molti spunti sull'utilità del latino, in forma scanzonata, li aveva già espressi il mio amico Scorfano, qui.

Dario Antiseri però argomenta puntualmente: sempre più, nella scuola d'oggi, si avverte:
l'urgente necessità di una didattica che - affinché non si continui a dare risposte a domande non poste - punti sui problemi più che sugli esercizi.

Il problema è una domanda per la quale chi se la pone non ha ancora quella risposta che deve venir cercata; l'esercizio è, invece, una domanda per la quale si ha già tra le mani una risposta, in genere appresa a memoria, senza motivazione alcuna, sul testo di algebra o di fisica; il problema forma, l'esercizio addestra; il problema scatena la ricerca, l'esercizio presuppone risultati di ricerche già fatte.

Tradurre e' interpretare. Interpretare e' risolvere problemi attraverso congetture e confutazioni. In altri termini: l'attivita' di traduzione e' autentico lavoro scientifico. Ricordate che cosa ci accadeva da studenti, allorche' dovevamo fare una versione dal latino o dal greco? Mentre il brano da tradurre ci veniva dettato, noi procedevamo per tentativi, per abbozzi di traduzione, e questi tentativi mutavano magari via via che seguitavamo a scrivere. [...] La ricerca scientifica - in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello essa venga condotta - consiste nel tentare la soluzione di problemi, e il tentativo di soluzione di problemi implica la creazione di ipotesi, il rigoroso controllo di queste tramite fatti bene vagliati, la proposta di alternative, il reperimento degli errori, una discussione continua. Sono i problemi a scatenare il vero e proprio processo di ricerca. (D.Antiseri, "Tradurre Tacito, esercizio di vera scienza", 1997)




2 commenti:

  1. Tutti i tuoi spunti sono uno più interessante dell'altro: dalla lezione di letteratura impostata come un'indagine investigativa alla giusta contrapposizione tra esercizio e problema...
    Sul primo proprio ieri spiegando a un diciottenne cosa fosse il decadentismo mi sono sentita dire: "ma un ragazzo di 18 anni come può capire la dinamica di estenuazione e senso della raffinatezza che mi sta spiegando"?! Lui in effetti non ha quel problema e quel tipo di letteratura gli appare quanto meno distante dalla sua mentalità... poi gli ho chiesto di riflettere su come si potesse sentire uno che fosse in procinto di morire, dopo lunga malattia. Come potrebbe reagire? Potrebbe anche mettersi un vestito estremamente elegante, compiaciuto della sua immagine in disfacimento e con un'azione insensata uscire come se niente fosse. E lì ha intuito l'atteggiamento dei poeti decadenti.
    Per quanto riguarda gli esercizi credo che un problema (!) fondamentale sia l'impostazione dei libri di testo: o tu insegnante hai tempo e capacità di reimpostare la tua didattica o se usi il libro di testo trovi solo noiosissimi esercizi...

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  2. Eh, Palmy... anche io credo che quello dei libri di testo sia un problema enorme... A partire dal fatto che un docente non è quasi mai libero di scegliere quello che gli piacerebbe (perché, in linea di massima, a maggio non sa che classi avrà l'anno dopo, e così altri possono scegliere per lui); fino alla pratica sempre diffusa del testo unico per tutte le sezioni... (con i suoi vantaggi, certo, ma... a che prezzo?).
    Questo per dire che a volte mi trovo antologie di italiano con testi già sottolineati e postillati dall'editore (credito al prof e ai ragazzi di una libera ricerca sul testo pari a 0,2%...).
    Comunque ha fatto impressione anche a me mettere a tema l'insegnamento come un "risolvere problemi": se è vero per la versione di latino, chissà che una didattica così non possa partire fin da subito, anche nell'approccio alla morfologia, o all'analisi del testo italiano... (da cui cerco sempre di partire, ma non ho mai pensato di impostare come "problem solving".... chissà se avrò tempo prima o poi di ripensarci...)

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